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«Perché dici: avevo?»
«Perché è morta a sette anni.»
«Oddio, mi dispiace! E di cosa?» domanda Giulia, facendo finta di non sapere
nulla.
«I medici non ci hanno capito niente.»
«Be , allora questo primo ricordo?» incalza Fabio.
«Sto seduta sotto quell albero, Tilde è accanto a me e guardiamo un libro di fate.
Tutto qua.»
Giulia e Fabio si scambiano una rapidissima occhiata. La versione che Rena sta
dando è parziale, non può che essere l inizio di ciò che è capitato in seguito.
Gianni è sempre in stato catatonico. Matteo gli ha lavato il petto e pulito un po i
pantaloni, gli ha rimesso la camicia. Poi vede su una mensola una boccetta di eau de
vétiver, la piglia e ne fa cadere qualche goccia sui capelli e sulla camicia di Gianni
per eliminare il puzzo di vomito. Si china sulla vasca da bagno per prendere la
giacca.
Una lettera piegata in quattro e priva di busta è caduta fuori dalla tasca. La lascia
momentaneamente sul fondo della vasca, fa indossare la giacca a Gianni con molta
difficoltà.
Poi prende la lettera, ci butta sopra un occhiata distratta e il mondo gli crolla
addosso.
Ha letto un nome: Pasquale Vesuviano.
«Eh no! Non ti puoi sottrarre alla seduta collettiva!» dice scherzosamente Fabio.
«Ma mica siamo dall analista!» protesta Anna.
«Ti offro una via d uscita» interviene Giulia. «Non abbiamo nessuna possibilità di
sapere se quello che ci racconterai sia vero o no. Quindi hai piena libertà di...»
«... mentire? lo non mento mai, neppure per gioco» dice Anna con molta
semplicità.
«Su, raccontalo.»
È stato Andrea a parlare. Perché vuole che anche gli altri sappiano quello che lui
conosce benissimo? Pensa che così si possa alleggerire la tensione che c è tra loro
due? O desidera semplicemente metterla in imbarazzo? Si vuole vendicare di quando
lei, poco prima, in bagno, l ha pregato di andarsene non solo da quello stanzino, ma
dalla sua vita?
«Non è piacevole» avverte.
«Pazienza» dice Giulia.
«Bene. Il mio primo ricordo è questo. Un letto inzuppato di sangue. Non ricordo
altro, solo quel rosso, dovunque.»
Ha parlato con voce ferma e chiara. Semplice e autentica. Nessuno vuole saperne
di più. Cala un pesante silenzio. Rotto poi da lei stessa, leggermente ironica:
«E il tuo qual è, Andrea?»
Matteo ha finito di leggere la lettera.
Non è rabbia quella che l assale improvvisa, ma un vero e proprio furore
incontrollabile. Il suo corpo è scosso da un tremore convulso, digrigna i denti senza
rendersene conto.
Avanza di un passo e spara un calcio in piena faccia a Gianni, con tutta la forza che
ha. La testa di Gianni sbatte con violenza contro le piastrelle, un fiotto di sangue
comincia a uscirgli dal naso. Il suo corpo scivola lentamente di lato, cade a terra.
Di colpo, Matteo ricupera calma e lucidità.
Tira su Gianni, gli infila la lettera in tasca, con un asciugamano bagnato gli
tampona il naso tenendogli la testa rovesciata all indietro. Poi, quando l epistassi si è
fermata, gli lava la faccia e, sorreggendolo, lo mette in piedi, gli fa chinare la testa
sotto il rubinetto, lascia scorrere a lungo l acqua.
A un tratto sente la voce soffocata di Gianni.
«Basta! Basta!»
«Be , se proprio ci tenete, ve lo racconto» dice Andrea.
In quel momento vedono entrare Matteo.
«Come sta?» domanda Rena.
«Comincia a riprendersi. Mi puoi preparare dell altro caffè?»
«Certo» risponde Rena avviandosi verso la cucina.
«Ti posso parlare un momento?» dice Matteo a Fabio.
Fabio gli s avvicina, Matteo lo prende sottobraccio, se lo porta in corridoio.
«Ma è vero che la sorella di Vesuviano ha denunziato Gianni per appropriazione
indebita? Tu ne sai qualcosa?»
La sorella che Gianni gli aveva detto che abitava a New York e che invece, come
ha appreso dalla lettera, vive da sempre a Napoli.
«Chi te l ha detto?»
Fabio è spiacevolmente sorpreso.
«Gianni non ha fatto altro che parlare di questo nella sbronza. È molto
preoccupato. Pensavo si trattasse di una sua fantasia di ubriaco.»
«No. In effetti so da poco che della cosa mi occuperò io. Vedi, Vesuviano non è
morto subito, ma alcuni giorni dopo l incidente per le ferite riportate e quindi ha fatto
in tempo a nominare Gianni esecutore testamentario. Secondo la sorella, si sarebbe
appropriato di alcuni quadri di valore che erano in un appartamento di suo fratello qui
in città.»
«Gianni giura e spergiura che quei quadri non c erano, che Pasquale se li era già
venduti.»
«Sì, lo so, è la sua linea difensiva. Guarda, possiamo fare così. Intanto, rassicuralo.
E poi... in via del tutto eccezionale, in considerazione della nostra amicizia, non
dovrei ma... digli che venga da me giovedì alle tre, così cerchiamo di parlare della
faccenda con calma. Mi raccomando, niente telefonate.»
«Grazie.»
E dunque corrisponde tutto.
Quello che ha letto nella lettera dell avvocato difensore di Gianni è stato
confermato in pieno dalle parole di Fabio.
L accusa è di avere sottratto quadri, non documenti.
E tanto meno fotografie.
Poiché dell esistenza di quelle fotografie nessuno sapeva niente, Gianni deve
esserne venuto a conoscenza solo quando le ha ritrovate tra le carte di Pasquale.
E il farabutto ha organizzato il finto ricatto per fottergli una barca di soldi. Le foto
se le è spedite lui stesso. Di certo non ha un complice. E lui ci stava cascando come
uno stronzo.
Ma ora Matteo sa lucidamente quello che deve fare.
«Allora, questo racconto?» domanda Fabio rientrando nel salone.
«Aspettiamo che torni Rena» dice Andrea.
«Perché, a lei non lo hai mai detto?» chiede Giulia.
«No, non abbiamo mai avuto l occasione di parlarne» fa Andrea.
Solleva gli occhi, guarda Anna. Che ricambia lo sguardo. Si sono capiti.
Quella è una faccenda che riguarda solo loro due, il segreto che li lega così
profondamente non può essere rivelato a nessun altro.
Quindi Andrea racconterà una storia qualsiasi.
Rena ha portato il caffè.
«Che ti sei fatto?» domanda a Gianni che se ne sta seduto di nuovo sul bidè, vestito
di tutto punto.
Ha la faccia tumefatta, in alcuni punti è violacea. Ogni tanto si porta la mano alla
bocca, ha il labbro superiore spaccato. Deve fargli molto male, a tratti si lamenta.
«È caduto e io non ho fatto in tempo a fermarlo. Ha sbattuto la faccia contro l orlo
della vasca» spiega Matteo.
Gianni fa sì con la testa. Non è in grado di parlare. Però si è facilmente convinto
che le cose siano andate come gliele ha raccontate Matteo. Non ricorda nulla.
«Vuoi dormire da noi?» gli propone Rena.
Gianni fa cenno di no.
«Allora tocca a me?» domanda Andrea.
«Sì, forza» dice Fabio.
«Il mio primo ricordo non è facile da raccontare. Forse è meglio dirlo in poche
parole, giusto quelle che servono. Risale a quando avevo tre anni o poco più.
Dormivo in una stanzetta separata. Mi sveglio in preda a una paura folle, dovevo aver
sognato qualcosa di brutto. Scendo dal lettino per correre nella camera dei miei [ Pobierz całość w formacie PDF ]
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«Perché dici: avevo?»
«Perché è morta a sette anni.»
«Oddio, mi dispiace! E di cosa?» domanda Giulia, facendo finta di non sapere
nulla.
«I medici non ci hanno capito niente.»
«Be , allora questo primo ricordo?» incalza Fabio.
«Sto seduta sotto quell albero, Tilde è accanto a me e guardiamo un libro di fate.
Tutto qua.»
Giulia e Fabio si scambiano una rapidissima occhiata. La versione che Rena sta
dando è parziale, non può che essere l inizio di ciò che è capitato in seguito.
Gianni è sempre in stato catatonico. Matteo gli ha lavato il petto e pulito un po i
pantaloni, gli ha rimesso la camicia. Poi vede su una mensola una boccetta di eau de
vétiver, la piglia e ne fa cadere qualche goccia sui capelli e sulla camicia di Gianni
per eliminare il puzzo di vomito. Si china sulla vasca da bagno per prendere la
giacca.
Una lettera piegata in quattro e priva di busta è caduta fuori dalla tasca. La lascia
momentaneamente sul fondo della vasca, fa indossare la giacca a Gianni con molta
difficoltà.
Poi prende la lettera, ci butta sopra un occhiata distratta e il mondo gli crolla
addosso.
Ha letto un nome: Pasquale Vesuviano.
«Eh no! Non ti puoi sottrarre alla seduta collettiva!» dice scherzosamente Fabio.
«Ma mica siamo dall analista!» protesta Anna.
«Ti offro una via d uscita» interviene Giulia. «Non abbiamo nessuna possibilità di
sapere se quello che ci racconterai sia vero o no. Quindi hai piena libertà di...»
«... mentire? lo non mento mai, neppure per gioco» dice Anna con molta
semplicità.
«Su, raccontalo.»
È stato Andrea a parlare. Perché vuole che anche gli altri sappiano quello che lui
conosce benissimo? Pensa che così si possa alleggerire la tensione che c è tra loro
due? O desidera semplicemente metterla in imbarazzo? Si vuole vendicare di quando
lei, poco prima, in bagno, l ha pregato di andarsene non solo da quello stanzino, ma
dalla sua vita?
«Non è piacevole» avverte.
«Pazienza» dice Giulia.
«Bene. Il mio primo ricordo è questo. Un letto inzuppato di sangue. Non ricordo
altro, solo quel rosso, dovunque.»
Ha parlato con voce ferma e chiara. Semplice e autentica. Nessuno vuole saperne
di più. Cala un pesante silenzio. Rotto poi da lei stessa, leggermente ironica:
«E il tuo qual è, Andrea?»
Matteo ha finito di leggere la lettera.
Non è rabbia quella che l assale improvvisa, ma un vero e proprio furore
incontrollabile. Il suo corpo è scosso da un tremore convulso, digrigna i denti senza
rendersene conto.
Avanza di un passo e spara un calcio in piena faccia a Gianni, con tutta la forza che
ha. La testa di Gianni sbatte con violenza contro le piastrelle, un fiotto di sangue
comincia a uscirgli dal naso. Il suo corpo scivola lentamente di lato, cade a terra.
Di colpo, Matteo ricupera calma e lucidità.
Tira su Gianni, gli infila la lettera in tasca, con un asciugamano bagnato gli
tampona il naso tenendogli la testa rovesciata all indietro. Poi, quando l epistassi si è
fermata, gli lava la faccia e, sorreggendolo, lo mette in piedi, gli fa chinare la testa
sotto il rubinetto, lascia scorrere a lungo l acqua.
A un tratto sente la voce soffocata di Gianni.
«Basta! Basta!»
«Be , se proprio ci tenete, ve lo racconto» dice Andrea.
In quel momento vedono entrare Matteo.
«Come sta?» domanda Rena.
«Comincia a riprendersi. Mi puoi preparare dell altro caffè?»
«Certo» risponde Rena avviandosi verso la cucina.
«Ti posso parlare un momento?» dice Matteo a Fabio.
Fabio gli s avvicina, Matteo lo prende sottobraccio, se lo porta in corridoio.
«Ma è vero che la sorella di Vesuviano ha denunziato Gianni per appropriazione
indebita? Tu ne sai qualcosa?»
La sorella che Gianni gli aveva detto che abitava a New York e che invece, come
ha appreso dalla lettera, vive da sempre a Napoli.
«Chi te l ha detto?»
Fabio è spiacevolmente sorpreso.
«Gianni non ha fatto altro che parlare di questo nella sbronza. È molto
preoccupato. Pensavo si trattasse di una sua fantasia di ubriaco.»
«No. In effetti so da poco che della cosa mi occuperò io. Vedi, Vesuviano non è
morto subito, ma alcuni giorni dopo l incidente per le ferite riportate e quindi ha fatto
in tempo a nominare Gianni esecutore testamentario. Secondo la sorella, si sarebbe
appropriato di alcuni quadri di valore che erano in un appartamento di suo fratello qui
in città.»
«Gianni giura e spergiura che quei quadri non c erano, che Pasquale se li era già
venduti.»
«Sì, lo so, è la sua linea difensiva. Guarda, possiamo fare così. Intanto, rassicuralo.
E poi... in via del tutto eccezionale, in considerazione della nostra amicizia, non
dovrei ma... digli che venga da me giovedì alle tre, così cerchiamo di parlare della
faccenda con calma. Mi raccomando, niente telefonate.»
«Grazie.»
E dunque corrisponde tutto.
Quello che ha letto nella lettera dell avvocato difensore di Gianni è stato
confermato in pieno dalle parole di Fabio.
L accusa è di avere sottratto quadri, non documenti.
E tanto meno fotografie.
Poiché dell esistenza di quelle fotografie nessuno sapeva niente, Gianni deve
esserne venuto a conoscenza solo quando le ha ritrovate tra le carte di Pasquale.
E il farabutto ha organizzato il finto ricatto per fottergli una barca di soldi. Le foto
se le è spedite lui stesso. Di certo non ha un complice. E lui ci stava cascando come
uno stronzo.
Ma ora Matteo sa lucidamente quello che deve fare.
«Allora, questo racconto?» domanda Fabio rientrando nel salone.
«Aspettiamo che torni Rena» dice Andrea.
«Perché, a lei non lo hai mai detto?» chiede Giulia.
«No, non abbiamo mai avuto l occasione di parlarne» fa Andrea.
Solleva gli occhi, guarda Anna. Che ricambia lo sguardo. Si sono capiti.
Quella è una faccenda che riguarda solo loro due, il segreto che li lega così
profondamente non può essere rivelato a nessun altro.
Quindi Andrea racconterà una storia qualsiasi.
Rena ha portato il caffè.
«Che ti sei fatto?» domanda a Gianni che se ne sta seduto di nuovo sul bidè, vestito
di tutto punto.
Ha la faccia tumefatta, in alcuni punti è violacea. Ogni tanto si porta la mano alla
bocca, ha il labbro superiore spaccato. Deve fargli molto male, a tratti si lamenta.
«È caduto e io non ho fatto in tempo a fermarlo. Ha sbattuto la faccia contro l orlo
della vasca» spiega Matteo.
Gianni fa sì con la testa. Non è in grado di parlare. Però si è facilmente convinto
che le cose siano andate come gliele ha raccontate Matteo. Non ricorda nulla.
«Vuoi dormire da noi?» gli propone Rena.
Gianni fa cenno di no.
«Allora tocca a me?» domanda Andrea.
«Sì, forza» dice Fabio.
«Il mio primo ricordo non è facile da raccontare. Forse è meglio dirlo in poche
parole, giusto quelle che servono. Risale a quando avevo tre anni o poco più.
Dormivo in una stanzetta separata. Mi sveglio in preda a una paura folle, dovevo aver
sognato qualcosa di brutto. Scendo dal lettino per correre nella camera dei miei [ Pobierz całość w formacie PDF ]